Si segnala la recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione lavoro, n. 29526 del 11 ottobre 2022, con la quale la Suprema Corte si è pronunciata su una interessante vicenda.
Un lavoratore aveva impugnato il licenziamento per giusta causa che gli era stato intimato per aver presentato una denunzia querela a carico del legale rappresentante della Società datrice di lavoro, comportante, tra l’altro, grave nocumento materiale e morale alla Società stessa. Il ricorso – con cui il lavoratore aveva richiesto la declaratoria di illegittimità del licenziamento e il conseguente ordine di reintegrazione e statuizione di condanna risarcitoria – veniva respinto tanto in primo grado (dal Giudice del Lavoro del Tribunale di Monza), quanto in sede di appello (dalla Corte d’Appello di Milano).
La vicenda veniva quindi portata all’attenzione della Corte di Cassazione, la quale confermava la correttezza della sentenza d’appello e, dunque, la legittimità del licenziamento per giusta causa.
In particolare i Giudici di legittimità richiamavano il loro precedente orientamento (di cui è espressione Cass. Civ. 26.09.2017 n. 22375), secondo cui: “l’esercizio del potere di denuncia, riconosciuto dall’art. 333 c.p.p., non può essere fonte di responsabilità, se non qualora il privato faccia ricorso ai pubblici poteri in maniera strumentale e distorta, ossia agendo nella piena consapevolezza della insussistenza dell’illecito o della estraneità allo stesso dell’incolpato”.
In particolare, i Giudici chiamati a pronunciarsi nel merito della vicenda accertavano che dalla concatenazione logica e cronologica dei fatti emergeva in maniera chiara che la denuncia querela era stata presentata dal lavoratore non per rimuovere una situazione di illegalità o per tutelare i diritti del querelante, ma bensì con la volontà esclusiva di danneggiare il datore di lavoro per vendicarsi del mancato riconoscimento delle rivendicazioni in precedenza avanzate dal lavoratore stesso.
Una tale condotta, idonea ad arrecare grave nocumento morale e materiale alla Società, a parere della Suprema Corte giustifica il licenziamento del lavoratore. Motivo per cui il ricorso del lavoratore veniva definitivamente respinto, con addebito al medesimo delle spese di lite.