Con la pronuncia n. 46387/2021, depositata il 17 dicembre 2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, dopo aver affrontato diverse problematiche legate al tema dell’estinzione delle pene della reclusione e della multa, danno soluzione ad un pregresso contrasto giurisprudenziale.
Sul punto giova preliminarmente soffermarsi sull’art. 172 del codice penale, norma che disciplina la particolare causa di estinzione della pena per decorso del tempo in relazione alla reclusione e alla multa.
In via generale, la citata disposizione indica, quale presupposto per l’estinzione della pena della reclusione, il decorso di un tempo pari al doppio della pena inflitta, ponendo comunque un limite temporale minimo di dieci anni e massimo di trenta; la medesima norma, in riferimento alla pena della multa, statuisce la durata del termine estintivo in dieci anni.
Momento iniziale a far data dal quale iniziare a calcolare la decorrenza dei sopradetti termini viene individuato nella data di irrevocabilità della condanna di cui l’esecuzione non sia in corso.
Qualora invece l’esecuzione abbia avuto inizio e venga interrotta per fatto volontario del condannato che si sottrae all’esecuzione della pena, il termine inizierà a decorrere dal giorno della volontaria sottrazione.
La causa di estinzione della pena in argomento, tuttavia, non ha luogo qualora debba applicarsi a soggetti
- a) recidivi, nei casi di “recidiva qualificata”;
- b) nei confronti dei delinquenti abituali, professionali, e per tendenza;
- c) qualora il condannato, durante il tempo necessario per l’estinzione della pena, riporti una condanna alla reclusione per un delitto della stessa indole.
Fatto precedere questo breve inquadramento sul punto, appare ora necessario descrivere sommariamente i presupposti di fatto da cui trae origine la decisione del Supremo Consesso.
Nel marzo 2017 il P.M. procedente notificava ordine di esecuzione con contestuale sospensione ex art. 656, comma 5, c.p.p. a prevenuto fino ad allora irreperibile, rispetto al quale non veniva presentata nessuna istanza di concessione di misura alternativa. In data 9 maggio 2017 il P.M. revocava pertanto la sospensione dell’ordine di esecuzione e, conseguentemente, il condannato, per lungo tempo irreperibile, veniva tradotto in carcere nel 2020 al momento del suo rintraccio.
Il Giudice delle Indagini Preliminari presso il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in funzione di Giudice dell’Esecuzione, rigettava l’opposizione proposta dal Procuratore della Repubblica avverso l’ordinanza con cui lo stesso giudice aveva dichiarato l’estinzione per decorso del tempo della pena di anni due di reclusione ed euro 3.000,00 di multa e divenuta irrevocabile nel dicembre del 2007 ritenendo che la pena inflitta al prevenuto si fosse estinta il 21 dicembre 2017, in applicazione delle regole dettate dall’art.172, comma 1, c.p. .
Contro tale provvedimento proponeva ricorso per Cassazione la Pubblica Accusa, lamentando violazione di legge con riguardo agli artt. 172 c.p. e 656 c.p.p. sostenendo che la notificazione dell’ordine di esecuzione pur sospesa ex art. 656, comma 5, c.p.p. sia idonea a rappresentare l’inizio dell’esecuzione e la successiva irreperibilità del condannato sia, per l’effetto, idonea ad integrare una sottrazione volontaria all’esecuzione già iniziata della pena e, di conseguenza, comporti l’applicazione della causa di interruzione della prescrizione di cui all’art. 172, comma 4, c.p.
Sempre secondo la tesi del competente Procuratore, ulteriore violazione dell’art. 172 c.p. sarebbe rappresentata nel non essere stata la mancata richiesta di concessione di misure alternative e la successiva notifica dell’esecuzione dell’ordine di carcerazione valutate quali eventi idonei a rappresentare integrazione del termine dal quale decorre la prescrizione della pena cui l’esecuzione è subordinata.
La Prima Sezione Penale, rilevato un contrasto in relazione all’individuazione del momento iniziale del verificarsi del termine di estinzione della pena nella specifica ipotesi di “volontaria sottrazione alla esecuzione della pena già iniziata”, procedeva a rimettere quindi la risoluzione della questione alle Sezioni Unite.
Secondo un primo orientamento, l’inizio dell’esecuzione della pena detentiva si verificherebbe solo con la carcerazione del condannato, non potendo ritenersi l’irreperibilità del condannato quale volontaria sottrazione all’esecuzione già iniziata e altresì dovendo considerarsi unicamente la data di irrevocabilità della sentenza di condanna momento idoneo a determinare la decorrenza del termine di estinzione della pena per decorso del tempo, principi questi comunque operanti anche a seguito dell’introduzione della procedura relativa alla concessione di misure alternative alla detenzione in favore del condannato libero.
Diversamente, un opposto orientamento giunge a ritenere l’irreperibilità del condannato posteriore alla notifica dell’ordine esecutivo, quale volontaria sottrazione all’esecuzione della pena già iniziata, determinando così il rinnovato decorrere del termine di cui all’art. 172, quarto comma, del codice penale.
Rimesse le questioni alle Sezioni Unite queste venivano così circostanziate:
“1) Se la notifica dell’ordine di esecuzione con contestuale decreto di sospensione ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., al condannato resosi successivamente irreperibile, integri l’inizio della esecuzione ai sensi dell’art. 172, quarto comma, seconda parte, cod. pen..
2) Se e entro quali limiti, ai fini del decorso del tempo necessario ad estinguere la pena ai sensi dell’art. 172 cod. pen., la sospensione temporanea dell’esecuzione disposta dal pubblico ministero ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. integri una delle ipotesi previste dall’art. 172, quinto comma, cod. pen., secondo cui, se l’esecuzione della pena è subordinata alla scadenza di un termine o al verificarsi di una condizione, il tempo necessario per l’estinzione della pena decorre dal giorno in cui il termine sia scaduto o la condizione si sia verificata”.
Quanto alla prima delle questioni affrontate, le Sezioni Unite ritenevano non essere condivisibile la tesi secondo cui, l’inizio dell’esecuzione della pena andrebbe ad individuarsi nella nascita del procedimento esecutivo, una tale soluzione infatti porterebbe ad una netta anticipazione dell’inizio della fase dell’’esecuzione e altresì creerebbe una inaccettabile incertezza circa l’individuazione del termine di decorrenza dell’inizio dell’esecuzione delle pene detentive brevi sospese.
Le Sezioni Unite conseguentemente, formulavano sul punto il seguente principio di diritto: “Il decorso del tempo ai fini dell’estinzione della pena detentiva, ai sensi dell’art. 172, quarto comma, cod. pen., ha inizio il giorno in cui la condanna è divenuta irrevocabile e si interrompe con la carcerazione del condannato. Esso comincia nuovamente a decorrere se il condannato, una volta iniziata la esecuzione della pena mediante la carcerazione, vi si sottragga volontariamente con condotta di evasione”.
La pronuncia in esame pone, quindi, in esame la questione relativa all’applicabilità dell’art. 172, quinto comma, c. p. in caso di sospensione della pena detentiva breve disposta ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. .
La Corte di Cassazione dopo aver analizzato precedenti pronunce di legittimità sul punto, evidenziava come la corretta interpretazione della norma dovesse attribuire fondamentale importanza al dato testuale, (Cass., Sezioni Unite, n. 2 del 30/10/2014) non potendo consentire all’interprete di “percorrere vie esegetiche (per quanto anch’esse non prive di argomenti logico-sistematici) che esulino dal dato testuale assolutamente preciso e chiaro […]».
Alla luce di ciò, secondo la Suprema Corte, l’orientamento a sostegno dell’applicabilità dell’art. 172, quinto comma, cod. pen., nel caso di sospensione dell’esecuzione delle pene detentive brevi ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., porterebbe ad un risultato sicuramente intollerabile, costringendo il condannato a restare sottoposto alla minaccia dell’esecuzione della pena detentiva per un periodo indeterminato in totale spregio dei principi di ragionevole durata del processo e della funzione rieducativa della pena.
Concludendo, con riferimento alla seconda questione posta dall’ordinanza di rimessione, viene ribadito il seguente principio di diritto: “Il procedimento di esecuzione della pena detentiva, ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen. non rientra in una delle ipotesi previste dall’art. 172, comma quinto, cod. pen.”.
In applicazione di tali principi, la Corte di Cassazione nel suo massimo consesso, statuiva l’intervenuta prescrizione della pena confermando l’esattezza della decisione del giudice dell’esecuzione che ha correttamente individuato il termine prescrizionale della pena ben applicando i principi di diritto di cui all’art. 172 c.p. .