Appalto e responsabilità del committente per infortuni sul lavoro.
Con un recente arresto (Cass. Civ., sez. lav., ordinanza 11.11.2021 n. 33365) la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sul delicato tema della responsabilità del committente in seguito ad un infortunio sul lavoro occorso ad un lavoratore dell’impresa appaltatrice impiegato nell’appalto.
Nel caso esaminato dalla Suprema Corte un lavoratore dipendente della società appaltatrice, durante le operazioni di sollevamento di un pacco di lame, a causa della rottura di una delle fasce dell’imbracatura veniva investito dal carico, riportando lesioni mortali alla testa.
La Corte d’Appello – in riforma della sentenza di primo grado – accertava la concorrente responsabilità, per violazione dell’art. 2087 c.c., del datore di lavoro e della società distaccataria presso cui operava il lavoratore vittima dell’infortunio, in ragione del provato deterioramento delle fasce, del quale il legale rappresentante della società datrice di lavoro era consapevole, essendo stato sollecitato alla sostituzione delle medesime dal personale senza provvedervi. La responsabilità della distaccataria era invece rinvenuta sia nella omissione degli obblighi di preliminare verifica dell’idoneità dell’attrezzatura utilizzata dal personale per il sollevamento del carico, sia in virtù dell’ingerenza del titolare nell’organizzazione del lavoro del personale della distaccante.
La Corte d’appello aveva viceversa escluso la responsabilità delle altre società, invocata sulla base dell’art. 26 d.lgs. 81/2008 – che per l’esecuzione di un contratto d’appalto individua quali destinatari degli obblighi di sicurezza, oltre al datore di lavoro, il committente ed eventuali subappaltatori – sul rilievo che la norma non prevede una sorta di responsabilità oggettiva.
A fronte di tale esclusione gli eredi del lavoratore deceduto proponevano ricorso per cassazione, deducendo, tra gli altri motivi, la violazione e falsa applicazione dell’art. 26, comma 2, lett. a), D.lgs. 81/2008, per essere stata esclusa la responsabilità delle committenti, dovendo queste ultime dimostrare di aver agito con diligenza nella scelta dell’appaltatore e di non aver mantenuto posizioni di interferenza nel cantiere stesso, cioè la loro totale estromissione dal cantiere, elementi trascurati dalla Corte d’appello.
A fronte di tale censura la Suprema Corte ha ribadito un proprio principio già espresso, ossia che “in materia di appalto, la responsabilità per la violazione dell’obbligo di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro si estende al committente solo ove lo stesso si sia reso garante della vigilanza relativa alla misura da adottare in concreto e si sia riservato i poteri tecnico organizzativi dell’opera da eseguire (cfr., in tal senso, Cass. 22 marzo 2002, n. 4129, id. 28 ottobre 2009, n. 22818; 7 marzo 2012 n. 3563; 8 ottobre 2012, n. 17092)”.
La Suprema Corte ha quindi affermato che non è configurabile una responsabilità del committente automatica (“in re ipsa”), per il solo fatto di aver affidato in appalto determinati lavori ovvero un servizio, ma una tale responsabilità deve necessariamente derivare dalla violazione degli obblighi di sicurezza su di lui gravanti.
La normativa di settore (art. 26 del T.U. 81/2008) prevede, invero, una serie di obblighi a carico del committente connessi ai contratti di appalto e, con riferimento ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera, è vero che il dovere di sicurezza è riferibile, oltre che al datore di lavoro anche al committente, con conseguente possibilità in caso di infortunio di intrecci di responsabilità, coinvolgenti anche il committente medesimo.
Secondo la Corte è però altrettanto vero che va esclusa una applicazione automatica di tale principio, non potendo esigersi dal committente un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori. In questa prospettiva, per fondare la responsabilità del committente, non si deve prescindere da un attento esame della situazione fattuale, al fine di verificare quale sia stata, in concreto, l’effettiva incidenza della condotta del committente nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori ovvero per lo svolgimento del servizio. A tal fine, devono essere considerati:
- la specificità dei lavori da eseguire e le caratteristiche del servizio da svolgere;
- i criteri seguiti dal committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera (quale soggetto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge e della capacità tecnica e professionale proporzionata al tipo di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa);
- l’ingerenza del committente stesso nell’esecuzione dei lavori oggetto dell’appalto o del contratto di prestazione d’opera;
- la percepibilità agevole ed immediata da parte del committente di eventuali situazioni di pericolo.
Sulla base di tali presupposti la Corte di Cassazione – preso atto dell’estraneità della committenza sulla base di plurime risultanze di causa – nel caso in esame ha ritenuto coerente e logica la motivazione del Giudice dell’appello, che pertanto ha ritenuto di confermare rigettando il ricorso proposto dagli eredi del lavoratore, non avendo gli stessi provato alcun elemento tale da far ritenere integrata una responsabilità della società committente.