Sovraffollamento Carcerario – Sezioni Unite: ricalcolo spazio minimo vitale

Le problematiche del sovraffollamento carcerario affrontato dalle Sezioni Unite nella pronuncia in commento si inseriscono nell’annoso tema della conformità alla normativa CEDU del sistema carcerario italiano e, nello specifico, attengono alla rilevanza della questione del sovraffollamento carcerario nella valutazione delle condizioni detentive e, in particolare, sulla idoneità di tale problematica ad integrare un trattamento inumano e degradante in spregio al divieto di cui all’art. 3 CEDU.

Come è noto, proprio in conseguenza dei numerosi rilievi e richieste manifestate sul punto nelle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, il legislatore italiano ha, con l’art. 35 bis e con l’art. 35 ter dell’Ordinamento Penitenziario, introdotto e disciplinato nel sistema italiano il procedimento per il reclamo giurisdizionale e previsto altresì rimedi risarcitori conseguenti alla violazione dell’art. 3 CEDU.

Quest’ultima disposizione garantisce al detenuto di poter richiedere al competente Magistrato di Sorveglianza, nel caso ritenga di aver subito un trattamento inumano e degradante per un periodo superiore ai 15 giorni, una riduzione della pena detentiva ancora da espiare pari ad un giorno di pena per ogni dieci in cui si confermi l’esistenza del pregiudizio lamentato.

Nell’ipotesi in cui la brevità della pena residua non consenta la detrazione ovvero venga accertata una violazione di durata inferiore ai 15 giorni, l’organo di sorveglianza provvederà a corrispondere all’istante una somma di denaro pari ad 8 euro per ciascuna giornata in cui è stato subito il pregiudizio.

In tale contesto, con la sentenza numero 6551/2021, le Sezioni Unite, interrogate con ordinanza n. 14260 del 11 maggio 2020 (UD. 21 FEBBRAIO 2020) emessa dalla Prima Sezione Penale della Suprema Corte di Cassazione, hanno dato chiara soluzione ad alcune questioni dubbie in materia di criteri di computo dello “spazio minimo disponibile” che deve essere garantito per ciascun detenuto e altresì in relazione alla valorizzazione dei c.d. fattori compensativi ai fini dell’esclusione della violazione dell’art. 3 della CEDU nel caso lo spazio a disposizione del detenuto risulti comunque inferiore ai 3 metri quadrati.

In particolare, il Supremo Consesso della Corte di Cassazione sul sovraffollamento carcerario, con la epigrafata decisione, si è pronunciato sulle seguenti questioni: 

a) se i criteri di computo dello “spazio minimo disponibile” per ciascun detenuto – fissato in tre metri quadrati dalla Corte EDU e dagli orientamenti costanti della giurisprudenza della Corte di legittimità – debbano essere definiti considerando la superficie netta della stanza e detraendo, pertanto, lo spazio occupato da mobili e strutture tendenzialmente fisse ovvero includendo gli arredi necessari allo svolgimento delle attività quotidiane di vita; 

b) se assuma rilievo, in particolare, lo spazio occupato dal letto o dai letti nelle camere a più posti, indipendentemente dalla struttura di letto “a castello” o di letto “singolo” ovvero se debba essere detratto, per il suo maggiore ingombro e minore fruibilità, solo il letto a castello e non quello singolo; 

c) se, infine, nel caso di accertata violazione dello spazio minimo (tre metri quadrati), secondo il corretto criterio di calcolo, al lordo o al netto dei mobili, possa comunque escludersi la violazione dell’art. 3 CEDU nel concorso di altre condizioni, come individuate dalla stessa Corte EDU (breve durata della detenzione, sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella con lo svolgimento di adeguate attività, dignitose condizioni carcerarie) ovvero se tali fattori compensativi incidano solo quando lo spazio pro capite sia compreso tra i tre e i quattro metri quadrati.

In risposta ai primi quesiti, le Sezioni Unite, nella pronuncia citata, dopo una preliminare e ampia ricostruzione normativa dei soprarichiamati rimedi preventivi e compensativi di cui agli artt. 35-bis e 35-ter dell’ordinamento penitenziario, giungono ad affermare, richiamandosi all’orientamento espresso nella sentenza Mursic c. Croazia del 2016, che nella valutazione dello spazio minimo di tre metri quadrati si deve avere riguardo alla superficie che assicura il normale movimento e, pertanto, vanno detratti gli arredi tendenzialmente fissi al suolo, tra cui rientrano i letti a castello.

Statuito, pertanto, per evitare il sovraffollamento carcerario, come nel calcolo dello spazio minimo da garantirsi a ciascun ristretto debba essere computata unicamente la superficie che ne assicuri il normale movimento, il Supremo Collegio, quanto all’ulteriore quesito, afferma il seguente principio di diritto: “i fattori compensativi costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se ricorrono congiuntamente, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell’art. 3 CEDU derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati; nel caso di disponibilità di uno spazio individuale fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fattori compensativi, unitamente ad altri di carattere negativo, concorrono alla valutazione unitaria delle condizioni di detenzione richiesta in relazione all’istanza presentata ai sensi dell’art. 35-ter ord. pen.

Alla luce dei principi di diritto affermati nella citata pronuncia appare manifesta la volontà di porre termine ai dubbi e alle questioni interpretative nate a seguito della pronuncia sul tema della Corte EDU del 2016, tracciando così dei chiari riferimenti su cui basare le decisioni delle istanze promosse dai detenuti ex art. 35 ter ord. pen., un tanto in un’ottica di uniformità delle decisione delle stesse.

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