Mantenimento minori e principio di proporzionalità

L’Art. 30 Cost. stabilisce che ciascun genitore ha il diritto-dovere di mantenere i figli, oltre che di istruirli ed educarli. L’art. 316 bis c.c., norma primaria di riferimento per il mantenimento dei figli dispone, poi, che l’adempimento degli obblighi dei genitori nei confronti dei figli è in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo.

Per il mantenimento dei figli nella fase della crisi familiare, si deve, inoltre, fare riferimento alla norma contenuta nell’art 337 ter c.c.. In tema di divorzio, sarà quindi illegittima la decisione che disponga il pagamento dell’assegno per il mantenimento del figlio senza fare alcun riferimento alla condizione patrimoniale dell’altro coniuge.

Nel calcolare il quantum dell’assegno di mantenimento del figlio non può mancare, infatti, un raffronto tra i redditi degli ex coniugi, dovendosi applicare un principio di proporzionalità nel determinare i contributi dovuti dai genitori. Anche qualora il coniuge più abbiente si offra di versare un assegno cospicuo, la decisione del giudice deve sempre passare per una valutazione di proporzionalità.

Ad affermarlo è la Cassazione (Cassazione civile , sez. VI , 16/09/2020 , n. 19299) accogliendo con rinvio il ricorso di un ex marito condannato a versare 3mila euro al mese per il figlio collocato presso la madre, il quale a seguito dell’insorgere di una malattia, non potendo più esercitare la propria attività, aveva chiesto una diminuzione dell’assegno.

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